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Fight the power!

Michele Serra mi é sempre piaciuto tantissimo, sin dai tempi del compianto Cuore, che acquistavo e leggevo avidamente perché, pur essendo compilato da uomini evidentemente molto di sinistra, era realizzato da veri talenti e faceva ridere di gusto.

Anzi, ancora di più: quel giornale satirico contribuiva a illuminare e corroborare quelle poche cose in cui la sinistra, va riconosciuto, ha ragione, anche se poi i partiti che si dicono di sinistra sono i primi a non fare niente a riguardo.

Serra é un giornalista e uno scrittore di talento, una delle poche persone non di destra che ho sempre continuato a seguire anche successivamente, ma adesso che ha deciso di mettere la sua arte al servizio della propaganda femmidemente di questi giorni non lo stimo più.

Un intellettuale che diventa conformista é finito ed inutile.

L’intellettuale deve capire le cose e metterle a disposizione per chi da solo non riuscirebbe ad arrivarvi, deve avere doti di intelligenza, coraggio, lealtà e fedeltà alle proprie idee, indipendenza – guarda caso, sono in larga parte tradizionali valori del maschile.

Se non è più in grado di esprimere questo, un intellettuale farebbe molto meglio a ritirarsi e scrivere magari solo narrativa.

Il suo ultimo, triste intervento rappresenta il portato della castrazione intellettuale del maschio che rinuncia ad essere se stesso e a declinare ciò in cui crede veramente per fare contenti gli altri o comunque i potenti, cosa che in sé rappresenta la negazione del maschile, che é selvatico, legato al bosco, e dunque non solo non conformista, ma in grado di violare volentieri qualsiasi regola, ogni qual volta é necessario per fare il bene.

É un altro, ennesimo, modo di chiedere scusa, che interviene però in un contesto in cui non ci sono i presupposti per scusarsi di niente.

La figura del maschio, ricorda il grande Risé nel suo bellissimo saggio, é stata resa oggetto di una vera e propria character assassination, della cui violenza in questi giorni vediamo una particolare recrudescenza. Il maschio, inoltre, é stato trasformato in una macchina per produrre scuse del tutto fuori luogo.

Chi cede a tutto ciò, tuttavia, perde la considerazione di tutti, maschi e femmine.

Non importa quanto martellante sia la propaganda femmidemente, non importa cosa dicono, quante volte lo dicono, dove lo dicono e come lo dicono: in quello che dicono non c’è, e non ci sarà mai, un solo grammo di verità.

Dillo ai tuoi amici, dillo ai tuoi parenti, dillo a tutti, anche alle donne, ce ne sono tantissime che hanno bisogno di sentirselo dire e di sapere che ci sono persone che la pensano diversamente.

Senza nessuna presunzione, io cercherò di stare sempre dalla parte della verità, come ci hanno insegnato tutti i veri maestri che gli uomini hanno avuto nel corso dei secoli, non questi venduti per 30 denari di oggi.

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Fuga da New York.

L’efficienza é sopravvalutata e, in realtà, dal punto di vista esistenziale, sottende un tipo d’uomo, quello contemporaneo, che non è più in grado di intrattenersi con se stesso e gli altri e deve dedicarsi continuamente a far qualcosa, fosse anche scavare una buca per poi riempirla, scavarla di nuovo e così via in un ciclo infinito, che ricorda quello del povero Sisifo.

Il lavoro, divenuto ossessione, si è mangiato quote importanti di umanità, senza tuttavia restituire niente in cambio, considerato che le fluttuazioni nel conto corrente di molti di noi non hanno alcuna influenza sul modo in cui poi in fin dei conti conduciamo la vita.

Col lavoro, finiamo per consumare noi stessi, diveniamo più fragili, insicuri, stanchi, deboli e arriviamo così a cercare una persona con cui confidarci, abbiamo bisogno di ascolto, solo che le persone della nostra vita, quelle che potrebbero darci l’ascolto di cui abbiamo bisogno, sono a loro volta indaffarate, o a casa in lavori di concetto che depredano per loro tutta l’attenzione o fuori casa, lontano.

Per milioni di anni le donne, restando a casa, hanno fatto da curatrici e ascoltatrici delle anime di tutta la famiglia, ma oggi se cerchi una nonna, una mamma o una sorella che ti ascolti mentre sgrana piselli, mette su il brodo o fa la conserva di pomodoro – e magari intanto la aiuti – non la trovi più.

Tutte le donne sono state mandate a lavorare, dopo che, nel corso dei due grandi conflitti mondiali, si era visto che erano molto più docili e affidabili dei maschi e quindi, hanno pensato i padroni, perché non sfruttarle?

Una volta il padrone doveva pagare al padre, il capo famiglia, uno stipendio che consentisse di mantenere tutta la sua famiglia – se ci guardi, é un principio scritto chiaro e tondo in Costituzione.

Oggi, per avere uno stipendio peraltro anche più basso, bisogna lavorare in due.

Così i padroni hanno avuto, pagando uno stesso stipendio, un lavoratore in più (paghi uno prendi due) e per giunta molto più arrendevole, acquiescente e disponibile di un operaio o impiegato maschio.

Per loro è stato un affarone, esattamente come la società
multirazziale di adesso.

Ma solo per loro.

Per la società é stato un disastro. Case che vanno in malora, bambini di sei mesi che vengono messi nei nidi, così le mamme possono andare a fare delle fatture col computer, cibo spazzatura, tradizioni che muoiono e, soprattutto, una casa di fatto morta dove, quando ne avresti bisogno, non c’è più nessuno che ti può ascoltare.

É così che sta cadendo l’impero statunitense, e tutte le sue colonie, tra cui anche l’Italia: le persone si stanno sempre più chiedendo ma io che razzo ci vado a fare a lavorare tutto il giorno, tutti i giorni, se la cosa e la vita non hanno più senso?

Non si va a lavorare solo per uno stipendio: si va perché il lavoro fa parte del tuo progetto, perché pensi che migliorerà te, la tua famiglia, il tuo paese.

Ma noi ormai sono decenni che stiamo girando in tondo e, anche imbottendoci come stiamo facendo di psicofarmaci, non ce lo possiamo più nascondere.

Grazie al razzo che i sociologi parlano di great resignation, le grandi dimissioni, il fenomeno per cui sempre più persone si licenziano da «buoni» posti di lavoro senza disporre di posti alternativi, che in effetti è un fenomeno inedito.

Ma anche io, se il mio lavoro, che di base é quello di aiutare gli altri, come avvocato o come counselor, smettesse di avere senso e utilità, smetterei di farlo e andrei a vivere in camper e vaffanq-lo, come sempre più persone stanno facendo – altro grande fenomeno per i sociologi che, non capendo niente di anima, se ne meravigliano pure.

Il punto é che il capitalismo in Occidente, senza i necessari correttivi materiali e spirituali, ha costruito una società orribile e la gente, giustamente, non vuole più viverci dentro.

Non c’è niente che non sia marcio da decenni: giornalismo, sanità, scuola, giustizia, politica; non credo di doverti fare degli esempi.

Chi prende le vie brevi e si impicca, come la mia amica Francesca, e chi invece si licenzia e va a vivere appunto in camper, di ciò si può meravigliare solo chi non conosce l’uomo nemmeno un po’.

Evviva noi.

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