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Fight the power!

Michele Serra mi é sempre piaciuto tantissimo, sin dai tempi del compianto Cuore, che acquistavo e leggevo avidamente perché, pur essendo compilato da uomini evidentemente molto di sinistra, era realizzato da veri talenti e faceva ridere di gusto.

Anzi, ancora di più: quel giornale satirico contribuiva a illuminare e corroborare quelle poche cose in cui la sinistra, va riconosciuto, ha ragione, anche se poi i partiti che si dicono di sinistra sono i primi a non fare niente a riguardo.

Serra é un giornalista e uno scrittore di talento, una delle poche persone non di destra che ho sempre continuato a seguire anche successivamente, ma adesso che ha deciso di mettere la sua arte al servizio della propaganda femmidemente di questi giorni non lo stimo più.

Un intellettuale che diventa conformista é finito ed inutile.

L’intellettuale deve capire le cose e metterle a disposizione per chi da solo non riuscirebbe ad arrivarvi, deve avere doti di intelligenza, coraggio, lealtà e fedeltà alle proprie idee, indipendenza – guarda caso, sono in larga parte tradizionali valori del maschile.

Se non è più in grado di esprimere questo, un intellettuale farebbe molto meglio a ritirarsi e scrivere magari solo narrativa.

Il suo ultimo, triste intervento rappresenta il portato della castrazione intellettuale del maschio che rinuncia ad essere se stesso e a declinare ciò in cui crede veramente per fare contenti gli altri o comunque i potenti, cosa che in sé rappresenta la negazione del maschile, che é selvatico, legato al bosco, e dunque non solo non conformista, ma in grado di violare volentieri qualsiasi regola, ogni qual volta é necessario per fare il bene.

É un altro, ennesimo, modo di chiedere scusa, che interviene però in un contesto in cui non ci sono i presupposti per scusarsi di niente.

La figura del maschio, ricorda il grande Risé nel suo bellissimo saggio, é stata resa oggetto di una vera e propria character assassination, della cui violenza in questi giorni vediamo una particolare recrudescenza. Il maschio, inoltre, é stato trasformato in una macchina per produrre scuse del tutto fuori luogo.

Chi cede a tutto ciò, tuttavia, perde la considerazione di tutti, maschi e femmine.

Non importa quanto martellante sia la propaganda femmidemente, non importa cosa dicono, quante volte lo dicono, dove lo dicono e come lo dicono: in quello che dicono non c’è, e non ci sarà mai, un solo grammo di verità.

Dillo ai tuoi amici, dillo ai tuoi parenti, dillo a tutti, anche alle donne, ce ne sono tantissime che hanno bisogno di sentirselo dire e di sapere che ci sono persone che la pensano diversamente.

Senza nessuna presunzione, io cercherò di stare sempre dalla parte della verità, come ci hanno insegnato tutti i veri maestri che gli uomini hanno avuto nel corso dei secoli, non questi venduti per 30 denari di oggi.

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Fuga da New York.

L’efficienza é sopravvalutata e, in realtà, dal punto di vista esistenziale, sottende un tipo d’uomo, quello contemporaneo, che non è più in grado di intrattenersi con se stesso e gli altri e deve dedicarsi continuamente a far qualcosa, fosse anche scavare una buca per poi riempirla, scavarla di nuovo e così via in un ciclo infinito, che ricorda quello del povero Sisifo.

Il lavoro, divenuto ossessione, si è mangiato quote importanti di umanità, senza tuttavia restituire niente in cambio, considerato che le fluttuazioni nel conto corrente di molti di noi non hanno alcuna influenza sul modo in cui poi in fin dei conti conduciamo la vita.

Col lavoro, finiamo per consumare noi stessi, diveniamo più fragili, insicuri, stanchi, deboli e arriviamo così a cercare una persona con cui confidarci, abbiamo bisogno di ascolto, solo che le persone della nostra vita, quelle che potrebbero darci l’ascolto di cui abbiamo bisogno, sono a loro volta indaffarate, o a casa in lavori di concetto che depredano per loro tutta l’attenzione o fuori casa, lontano.

Per milioni di anni le donne, restando a casa, hanno fatto da curatrici e ascoltatrici delle anime di tutta la famiglia, ma oggi se cerchi una nonna, una mamma o una sorella che ti ascolti mentre sgrana piselli, mette su il brodo o fa la conserva di pomodoro – e magari intanto la aiuti – non la trovi più.

Tutte le donne sono state mandate a lavorare, dopo che, nel corso dei due grandi conflitti mondiali, si era visto che erano molto più docili e affidabili dei maschi e quindi, hanno pensato i padroni, perché non sfruttarle?

Una volta il padrone doveva pagare al padre, il capo famiglia, uno stipendio che consentisse di mantenere tutta la sua famiglia – se ci guardi, é un principio scritto chiaro e tondo in Costituzione.

Oggi, per avere uno stipendio peraltro anche più basso, bisogna lavorare in due.

Così i padroni hanno avuto, pagando uno stesso stipendio, un lavoratore in più (paghi uno prendi due) e per giunta molto più arrendevole, acquiescente e disponibile di un operaio o impiegato maschio.

Per loro è stato un affarone, esattamente come la società
multirazziale di adesso.

Ma solo per loro.

Per la società é stato un disastro. Case che vanno in malora, bambini di sei mesi che vengono messi nei nidi, così le mamme possono andare a fare delle fatture col computer, cibo spazzatura, tradizioni che muoiono e, soprattutto, una casa di fatto morta dove, quando ne avresti bisogno, non c’è più nessuno che ti può ascoltare.

É così che sta cadendo l’impero statunitense, e tutte le sue colonie, tra cui anche l’Italia: le persone si stanno sempre più chiedendo ma io che razzo ci vado a fare a lavorare tutto il giorno, tutti i giorni, se la cosa e la vita non hanno più senso?

Non si va a lavorare solo per uno stipendio: si va perché il lavoro fa parte del tuo progetto, perché pensi che migliorerà te, la tua famiglia, il tuo paese.

Ma noi ormai sono decenni che stiamo girando in tondo e, anche imbottendoci come stiamo facendo di psicofarmaci, non ce lo possiamo più nascondere.

Grazie al razzo che i sociologi parlano di great resignation, le grandi dimissioni, il fenomeno per cui sempre più persone si licenziano da «buoni» posti di lavoro senza disporre di posti alternativi, che in effetti è un fenomeno inedito.

Ma anche io, se il mio lavoro, che di base é quello di aiutare gli altri, come avvocato o come counselor, smettesse di avere senso e utilità, smetterei di farlo e andrei a vivere in camper e vaffanq-lo, come sempre più persone stanno facendo – altro grande fenomeno per i sociologi che, non capendo niente di anima, se ne meravigliano pure.

Il punto é che il capitalismo in Occidente, senza i necessari correttivi materiali e spirituali, ha costruito una società orribile e la gente, giustamente, non vuole più viverci dentro.

Non c’è niente che non sia marcio da decenni: giornalismo, sanità, scuola, giustizia, politica; non credo di doverti fare degli esempi.

Chi prende le vie brevi e si impicca, come la mia amica Francesca, e chi invece si licenzia e va a vivere appunto in camper, di ciò si può meravigliare solo chi non conosce l’uomo nemmeno un po’.

Evviva noi.

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Non ti basto io? 📱

La promessa satanica sottesa alla nostra epoca digitale é quella di poter fare a meno di relazionarti con gli altri, il tuo celebre prossimo.

Puoi fare benzina senza il benzinaio, fare la spesa nei negozi senza cassiere, illuderti di comunicare usando mail e messaggi senza né incontrare l’altro, né sentirne la voce per telefono, e incontrare in vitro una donna svestita che fa la smorfiosa sussurrando il tuo nome su siti come onlyfans.

Ad oggi, nel 2023, questa promessa, che é appunto diabolica, perché apparentemente piena di luce, ma destinata a condurre senza alcun dubbio all’infelicità, ha già fatto tantissima strada e infatti le relazioni sono ai minimi storici, mai in nessuna epoca sono state così in crisi.

Come tutte le promesse del diavolo, funziona perché fa leva sui nostri peccati e su uno in particolare, il delirio di indipendenza, in cui cadiamo, come sempre, dopo aver sofferto per «colpa», pensiamo, di altri, che poi é un corollario della ben nota ὕβρις.

Quanta gente si sente oggigiorno, un po’ dappertutto, che dice di «bastare a se stessa», di non «aver bisogno» di un uomo o di una donna, di «stare bene da solo», di essersi liberata dei rami secchi, delle persone negative e via demenziando.

Si cade in buche del genere per via di relazioni che ci hanno fatto soffrire, un matrimonio, un genitore, un fratello, un amico.

Ma se mangi un cibo cui sei allergico, la soluzione non può mai essere quella di smettere di mangiare per sempre.

Torniamo sempre a San Paolo e alla sua dichiarazione di essere fiero, al massimo, della sua debolezza.

Come é remoto il suo atteggiamento rispetto a quello dell’uomo di oggi, che nasce già orgoglioso dal ventre materno, come Minerva con scudo e lancia dalla testa di Giove. Oggi non importa quello che uno fa, può fare anche una razzata, ma sarà sempre e comunque orgoglioso di sé.

Come diceva Chesterton, a proposito dell’ateismo, perché mutilarsi e privarsi da soli di qualcosa di utile e prezioso?

Non faremmo prima a riconoscere di essere tutt’altro che indipendenti e di avere bisogno di un rapporto innanzitutto con Qualcuno e poi comunque con gli altri?

Guardalo, l’uomo contemporaneo: si é liberato di tutto, per diventare finalmente che cosa però? Libero, felice?

Messo da parte Dio, messi da parte gli altri, perché lui non ha «bisogno» di queste cose medioevali, con che cosa si é ritrovato?

Con gli psichiatri e gli psicofarmaci. Che poi, per inciso, non funzionano (é ora di dirlo).

Il diavolo, tuttavia, ci racconta solo le balle che noi stessi vogliamo farci raccontare, come nelle truffe: é il truffato che consegna i soldi, in questo caso la propria anima, al truffatore.

Lo so anche io che Dio sembra pesante e gli altri sono insopportabili. Io sono insopportabile, tu sei insopportabile, tutti sono
insopportabili.

Però la scommessa e la sfida della vita é quella di riuscire ad andare oltre quella insopportabilità e relazionarsi con tutti, nonostante i propri limiti, inadeguatezze, difetti e nonostante quelli altri.

Tu sei lì che cerchi un partner che abbia «interessi in comune con te» e non ti rendi conto di essere profondamente patetico perché per una relazione non servono affatto interessi in comune, ma stati evolutivi superiori che consentano di capire e gestire le cose degli uomini.

Bisogna rassegnarsi alla necessità di relazionarsi con gli altri anche quando non se ne ha voglia, perché gli altri sono prolissi,
antipatici, pesanti, offensivi, tutto quel che ti pare.

Il cellulare che ti sussurra in continuazione all’orecchio «non ti basto io?» ti sta mentendo e ci sta riuscendo solo perché tu vuoi credergli e tu vuoi credergli per via delle tue ferite.

Ma il digitale resta solo un mezzo, uno strumento, come il vecchio telefono a disco: ai due poli ci sono e ci saranno sempre delle persone.

Non puoi innamorarti dello strumento e lasciar perdere le persone, se lo farai non potrai mai essere felice.

Evviva noi.

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Questa é la mia opinione: ed io la condivido!

Onestamente, non prendo parte sui fatti del medio oriente perché, come intellettuale, nel mio molto piccolo ovviamente, trovo sempre estremamente volgare adottare una singola visione tranchant in situazioni che sono oggettivamente molto complesse.

Maggiore è la complessità e maggiore appare la stolidità di chi arriva con quattro parole in croce o uno slogan per sostenere una o l’altra parte, tipo il demenzialissimo e offensivo (per chi lo adotta) «c’é un aggressore e un aggredito».

Poi come uomo ultrateotrad non vedo mai israeliani, palestinesi, gay, trans o etero ma solo uomini e persone e così spontaneamente riesco a relazionarmi da sempre bene con tutti quelli che entrano nella mia vita o incrociano il mio percorso.

Infine trovo da presuntuosi pensare che la nostra opinione su quei fatti possa avere la minima rilevanza. La realtà è che la tua opinione sulla geopolitica non conta assolutamente niente e probabilmente quando ti metti ad esporla non ti ascolta volentieri neanche tua madre.

Il mio consiglio semmai é quello di ricominciare a scrutare le facce di quelli che ci sono vicini, o perché ci sono cari o perché la vita ce li ha messi accanto, e vedere che cosa possiamo fare per loro.

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17 cose su come gestire gli idioti.

1) Ti ricordi a scuola? Alle riunioni, di qualsiasi tipo? Al lavoro? Su, ad esempio, una ventina di persone, ce n’erano sempre due o tre lucide e che capivano le cose, mentre il resto faceva per lo più presenza, con varie gradazioni di deviazione, fino a quelli che non capivano assolutamente nulla, ma erano convinti di aver capito tutto. Sui social é grossomodo la stessa cosa, solo un po’ peggio.

2) Perché addirittura un po’ peggio? Per vari motivi, tra cui ad esempio il fatto che la comunicazione per iscritto, specialmente per chi ha già qualche limite cognitivo, é molto più difficoltosa di quella in diretta o in presenza; un altro motivo, poi, é quello per cui oggigiorno ognuno si sente non solo legittimato, ma a volte anche in dovere, di avere un’opinione su tutto e di manifestarla, anche a costo di digitarla con un linguaggio ridicolo, fosse anche la fissione nucleare. Potrei continuare, ma la realtà la conosci anche tu.

3) Dunque per chi crea contenuti e cerca che gli stessi siano più visibili possibile, e dunque abbiano più interazioni possibile, la realtà è che può capitare benissimo che molti commenti siano «problematici», da quelli fuori fuoco a quelli dei veri e propri odiatori, che innescano polemiche, anche verbalmente molto violente, in situazioni del tutto fuori luogo.

4) Quindi come si gestiscono gli idioti? La prima considerazione da fare é che, in tutte le relazioni della vita, specialmente quelle più problematiche, la regola aurea é sempre: ignorare tutte le cose sbagliate fatte dall’altro e rimarcare, facendo quanta più festa possibile, tutte quelle che, invece, sono azzeccate.

5) La prima linea di difesa contro gli idioti, o le idiozie che volta per volta partoriscono, é dunque quella di ignorarli; ignorarli significa sia non rispondere ai loro commenti sia restare emotivamente saldi e leggerli con un sorriso, senza venirne contagiati: la prima parte é facile, la seconda richiede un certo lavoro evolutivo su di te.

6) La buona notizia, però, é che gli idioti non sono sempre e comunque inutili, ma possono essere letteralmente sfruttati per dare ai tuoi contenuti molta più visibilità; più un contenuto é commentato, infatti, e più il social lo farà vedere ai suoi utenti: per questo motivo, in molti casi é utile rispondere agli idioti, perché anche la tua risposta al loro commento accrescerà ulteriormente la visibilità.

7) Quindi qual è il metodo da seguire, bisogna rispondere o no? Innanzitutto, deve rimanere fermo, in tutti i casi, il fatto di ignorarli emotivamente: se ti accorgi che, invece, i loro commenti ti hanno, anche se solo un poco, destabilizzato, meglio non rispondere niente, perché potrebbe nascere una discussione emotivamente pesante per te.

8) In tutti gli altri casi, in cui sei riuscito a rimanere impassibile o comunque sereno di fronte al commento disfunzionale, puoi valutare se rispondere o meno, sapendo che una risposta potrà essere utile per dare valore ai tuoi contenuti.

9) Per valutare se rispondere o no, considera il grado di
disfunzionalità del commento che hai ricevuto: se, ad esempio, é un commento di una persona che non ha evidentemente capito niente, ma é comunque espresso in modo garbato e beneducato, allora puoi
sicuramente rispondere.

10) Se, invece, é un commento maleducato, sgarbato, provocatorio, offensivo devi valutare: puoi anche rispondere, ma c’è il rischio che poi la situazione degeneri, non tanto a livello verbale quanto di conseguenze emotive per te – potresti perdere la tua impassibilità e non ne vale assolutamente la pena. Procedi dunque solo se sei abbastanza sicuro di quello che stai facendo e di come ti senti.

11) Ti ho parlato sinora del se e quando rispondere agli idioti, ora dobbiamo vedere anche però che cosa rispondere, cioè con quali contenuti. A riguardo, io seguo e consiglio la celebre indicazione «never complain, never explain».

12) Non lamentarti mai dei commenti che hai ricevuto, non fornire mai spiegazioni relative ai tuoi contenuti a uno che ha lasciato un commento in cui dimostra che non ne ha capito niente: sarebbe del tutto inutile, continuerebbe a non capirlo lo stesso e tu faresti solo la figura di quello che é così disperato da rincorrere l’utente «Candy Candy Forza Napoli» per avere visibilità.

13) Quando crei un contenuto, infatti, sei già abbastanza generoso verso gli altri: hai donato loro delle considerazioni e dei concetti che potranno esser loro utili; il lavoro di capirlo adeguatamente però spetta solo a loro: così come un libro ha due autori, anche un contenuto dipende sempre sia da chi lo scrive ma anche da chi lo legge.

14) Una cosa da evitare assolutamente e in ogni caso é giustificarsi di fronte a persone che ti offendono, specialmente attribuendoti una caratteristica specifica, come, prendiamo ad esempio, quella di razzista: in casi del genere, chi si mettesse a compilare una articolata risposta in cui elencasse tutti i motivi per cui non sarebbe, in ipotesi, razzista, farebbe innanzitutto una pessima figura, ma soprattutto starebbe letteralmente nutrendo l’idiota di turno.

15) La gente non sta bene, crede di capire le cose, di essere in grado di esporle correttamente, ma non è in grado di fare né l’una né l’altra cosa: tutta questa idiozia ti potrà essere molto utile se la saprai gestire, seguendo le indicazioni di questo post e le altre considerazioni che potrai fare partendo da esse.

16) Impara ad amare anche il tuo nemico, come insegnano da secoli le grandi tradizioni sapienziali dell’umanità: ricordati sempre che quello che non va degli idioti non sono loro, ma semmai la tua incapacità di gestirli, sia materialmente che emotivamente.

17) Se vuoi apprendere altre cose fondamentali per migliorare la tua vita personale e professionale, valuta un percorso di counseling con me: sei il benvenuto.

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13 cose sul perché é meglio non bloccare mai nessuno.

1) Questo post riguarda le relazioni normali, non quelle dove c’è una persona che commette reati gravi e reiterati come gli atti
persecutori, per le quali ovviamente sono destinate a valere considerazioni diverse.

2) Bloccare una persona é spesso una manifestazione di maleducazione o di scarsa buona educazione: ci sono modi più cortesi di comunicare il messaggio per cui non si è interessati a relazionarsi oppure modi più funzionali di gestire i conflitti.

3) Di solito, le persone finiscono per bloccare persone con cui non sono interessate ad interagire o persone di cui, all’opposto, sarebbe molto interessate, ma con le quali c’è un conflitto, apertosi durante una relazione in corso.

4) Le relazioni, peraltro, sono fatte di conflitti continui, perché ognuna delle due persone ha gusti, propensioni e desideri diversi e quindi é necessaria una mediazione costante tra le aspirazioni di entrambi.

5) Oltre che un gesto di scarsa buona educazione, bloccare un’altra persona é un forte segnale di immaturità e infantilismo, soprattutto quando viene realizzato da persone che, per la loro età e le circostanze, dovrebbero all’opposto possedere una certa capacità relazionale.

6) Siccome non c’è due senza tre, bloccare le persone, specialmente quelle per noi significative in caso di conflitto, é indice di una concezione materialistica e narcisistica delle relazioni, dove le persone vengono reificate e sono dunque trattate come cose, che quando non servono più vengono semplicemente buttate via.

7) Bloccare un’altra persona, dunque, é l’erezione di un muro tra te e quella persona che determina un’uscita di energia violenta sia per quella persona, che potrebbe, specialmente se non dispone di un certo grado evolutivo, risentirsene anche malamente, sia, soprattutto per te – ed é questa la considerazione più importante da fare.

8) Ogni volta che blocchi una persona trasmetti al tuo inconscio e a te stesso tre messaggi disfunzionali: quello di essere maleducato, immaturo e infantile, materialista e narcisista, col bel risultato che ovviamente diventerai nella realtà sempre più simile a questa immagine deteriore di te.

9) Quasi tutte le volte che blocchi qualcuno, inoltre, eserciti il giudizio, un veleno estremamente tossico in cui tu ti metti al di sopra dell’altro e giudichi l’altro come una persona inadeguata.

10) Il giudizio é tossico perché ricade su te stesso, infatti é un punto di vista che poi, proprio come un paio di occhiali, finirai per usare anche quando ti chiederai a valutare te stesso, una valutazione da cui purtroppo non uscirai bene.

11) Il giudizio é, poi, anche tossico perché é il necessario presupposto dell’ira, uno dei sette peccati capitali, cioè una delle «buche» in cui volta per volta finiamo per cadere quando non siamo al nostro meglio.

12) Il contrario del giudizio é la compassione ed è questo un atteggiamento molto più funzionale verso le persone e le relazioni difficili della nostra vita.

13) Tutte queste considerazioni riguardano processi interiori e non ti impediscono di tutelarti: puoi fare le stesse cose, ma con un atteggiamento interiore molto più sereno e tranquillo ed in effetti servono proprio per non farti contagiare dalla negatività altrui.

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La parola anodino esiste.

A differenza degli altri maschi, per me l’intelligenza in una donna é sempre estremamente attraente, ma solo perché, da un lato, ho la grande presunzione di essere ogni volta e comunque più intelligente io e, dall’altro, perché se una scende troppo in basso a livello cognitivo finisce per farmi cadere troppe volte i m@ron1 e dopo non molto ovviamente la cosa mi scoccia. Poi sono troppo legato a quei piccoli e deliziosi incantesimi che sono le parole per non subire, e molto, il fascino di una donna che sa scegliere con cura quelle più giuste o divertenti o stimolanti…

I miei fratelli invece tendono a preferire e a trovarsi più a loro agio con donne modello più base.

Questo non è, come si tende a credere oggi, perché si vuol manipolare o comandare, ma semplicemente e banalmente perché gli uomini vogliono sentirsi utili. É la famosa mentalità da provider che é hard coded in ogni uomo definibile come tale.

Nessun uomo ha paura di una donna indipendente, estremamente intelligente, realizzata: ne è semplicemente annoiato. La guarda come uno juventino guarda la Champions: sa che non potrà mai averla, perché non è giusto che l’abbia, non ha le qualità necessarie per averla e se per avventura l’avesse ne sarebbe persino imbarazzato perché non saprebbe cosa farsene tutto il giorno.

Oggi, come ho già detto più volte, il problema é l’assenza del patriarcato, non certo il patriarcato in sé, che é una situazione costruita e mantenuta a favore della donna, per la sua protezione, la sua evoluzione e il suo compimento, così come la femminilità, che analogamente oggi scarseggia molto, é necessaria per gli uomini.

I razzatifici che conoscete come giornali e televisioni vi stanno «educando» a considerare gli uomini cattivi e le donne buone, ma io vi posso giurare su quanto di più caro che é vero, semmai, l’opposto.

Gli uomini non solo sono estremamente generosi, ma desiderano profondamente manifestare questa loro generosità. Oggi tutto questo viene frustrato da concetti profondamente sbagliati che sono stati iniettati nei cervelli delle persone e che le hanno messe in uno stato di confusione da cui non riescono a risvegliarsi.

Non solo, ma quando parli di queste cose spesso ci sono reazioni isteriche che comprovano quanto le persone, in fondo, siano attaccate ai loro veleni e alla loro ignoranza.

Eppure se non si capiscono i tratti fondamentali degli uomini e delle donne sarà impossibile ritornare all’unico modello praticabile delle relazioni tra noi, che é quello organico e collaborativo, non competitivo.

Che senso ha far fare alle donne cose da uomini e viceversa?

Il demente grave oggi si commuove quando i razzatifici mettono in prima pagina gli uomini incinti o che hanno il ciclo ma io mi chiedo e voglio chiederti: esattamente che cosa ci sarebbe di bello in una cosa del genere? Quale sarebbe il costrutto? Che cosa ne avremmo
dimostrato?

A me, e a moltissime donne, non frega un razzo della Cristoforetti. Abbiamo dimostrato che una donna se vuole può fare l’astronauta, ma la veritá è che questa scoperta non cambierá di un grammo la nostra vita e quella dei nostri figli.

La chirurgia ha dimostrato che un uomo può farsi mutilare in modo da assomigliare molto ad una donna, ma quale sarebbe il vantaggio che ne deriva a lui e a tutti noi?

L’unica cosa che vedo in vicende come questa é la presunzione dell’uomo che vuole farsi grande tanto quanto Dio, la vecchia torre di Babele o la ὕβρις dei nostri maestri greci.

Nasciamo in questo mondo per essere chiamati a vivere una vita da maschio o da femmina, ma abbiamo la presunzione di poter superare il sesso che ci é stato assegnato dalla nascita facendoci mutilare da un chirurgo in oltre venti interventi e finendo peraltro solo per assomigliare all’altro sesso, ma mantenendo sempre quello di partenza, perché il patrimonio genetico non può essere cambiato dalla chirurgia né da altro.

Le donne devono essere brave sul lavoro avere «le palle» (espressione orribile, demenziale, significativa), mentre gli uomini devono essere sensibili, empatici, puccettosi e petalosi… Ma perché?

Solo per dimostrare che l’uomo può fare tutto perché è pari a Dio?

La tara é questa. Siamo rane che, come nella favola di Esopo, si stanno gonfiando per scoppiare, ormai molto presto.

Fate il razzo che volete, ma gli uomini non possono e non potranno mai creare una donna da un uomo o un uomo da una donna. Il massimo che potranno fare é una cosa che solamente vi somiglia, ma non lo é.

L’uomo non è pari a Dio e crederlo, consapevolmente o no, é un errore tragico.

Se nasci donna, devi vivere tutta la tua vita, tutti i singoli f0ttut1 momenti della tua vita da donna. Devi accettare il ciclo mensile, l’instabilità emotiva, i lavori di casa, quelli coi risvoltini, i colloqui con le insegnanti nevrotiche dei tuoi figli e le torte che non lievitano.

Analogamente se nasci uomo devi accettare la tua chiamata e vivere da uomo dal primo all’ultimo istante della tua vita: devi portare il pane a casa, devi proteggere, devi risolvere problemi, usare la logica e devi, mi dispiace se non ti va di farlo ma é necessario, essere una guida autorevole.

Niente PlayStation per te ometto.

Questa è la volontà di Dio e il nostro maestro buono, a precisa domanda sul punto, ha risposto che il comandamento più importante é quello di amare Dio e la sua volontà con tutto il nostro cuore, la nostra anima e la nostra mente.

Tutto il resto è volontà degli uomini e non la devi seguire.

Se sei donna, é volontà degli uomini e non di Dio che tu debba affidare i tuoi figli di pochi mesi ad un asilo per andare a fare delle bolle o delle fatture in un’azienda, prendendo uno stipendio con cui paghi a mala pena degli estranei che si prendono cura dei tuoi figli, che tu debba fare due mestieri, quello in casa e quello fuori casa, che finiscono per farti diventare nevrotica e non riuscire ad essere una buona moglie e una buona madre.

Fai quello che vuoi, ma non si possono fare entrambe le cose questa è l’ennesima balla che ti hanno raccontato.

Se sei uomo, é volontà degli uomini che tu debba essere empatico, puccettoso, moderno, trendy, mezzo castrato, remissivo. Dio vuole che vai là fuori a procurare il pane per la tua famiglia, con ogni mezzo possibile. E soprattutto che tu abbia una famiglia.

Oggi i problemi dunque non sono i femminicidi, le discriminazioni, le disparità salariali, l’unico problema sia di donne che di uomini é trovare dei partner che non abbiamo il cervello pieno di segatura!

Persone che sappiano bene ciò a cui sono chiamati, cosa devono fare nella vita, e con cui poter di conseguenza costruire una relazione solida, organica, organizzata e duratura nella quale prosperare ed essere, se lo si desidera, fecondi, trasmettendo anche ai figli tali beni.

É necessario far rifiorire al più presto una cultura ed una educazione di genere, archiviando l’egualitarismo demenziale e forzato, perché trattare in modo uguale situazioni e soggetti diversi significa fare loro violenza. Questa è la vera violenza di oggi ad esempio: madri che non possono stare coi figli, figli che anche da piccolissimi non possono stare con le loro mamme.

Rock n’ roll.

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Meglio Pippa o una pippa?

La tragedia di Arisa é quella di qualsiasi altra donna spazzatura contemporanea occidentale: poter trovare con estrema facilità uomini con cui fare sesso, ma faticare terribilmente nel rinvenirne uno con cui poter costruire una storia seria e un rapporto profondo e duraturo.

Sfortunatamente, il sesso occasionale o comunque vissuto fuori da un rapporto importante non dà la felicità: per quella occorre avere appunto una relazione significativa e autentica.

L’ambito delle relazioni affettive é l’ennesimo in cui la modernità ha sostituito le cose vere con dei surrogati; non è certo l’unico, ma é quello in cui la mancanza di autenticità ci ferisce maggiormente.

Quello che Arisa nel suo disperato appello mostra di non aver consapevolizzato é che nessun uomo desidererebbe avere per moglie o compagna una che si pubblica nuda su instagram.

Il cervello maschile, quando si tratta di scegliere una partner, é rimasto tale e quale a quello di milioni di anni fa e non cambierà mai.

Non è poi molto difficile da capire:

  • mostri doti e qualità da moglie: gli uomini ti cercano per sposarti e investire su di te;
  • ti comporti e ti mostri come una tr01@: gli uomini ti cercano solo per portarti a letto e mandarti a stendere subito dopo.

Poi ci sono anche quelli che, quando fai un post così sconclusionato e confuso, perdono anche quel poco di voglia di portarti a letto che avrebbero potuto avere.

Va ribadito ancora una volta che i problemi maggiori oggi non sono di empatia, insensibilità, narcisismo e così via, ma cognitivi.

Se non ci ripigliamo e ricominciamo a capire le cose elementari non usciamo.

Tutto il resto é una rifinitura.

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L’Occidente non é emendabile.

Questo è uno dei miei post più amari di sempre; chi mi é più vicino sa che penso queste cose da anni, ma non contiene nulla di inesatto, é la pura verità. Ddecidi tu se vuoi affrontarlo o meno, potrebbe lasciarti con un senso di amarezza abbastanza profondo.

Decidere se riparare «qualcosa» o buttarla via é una cosa che capita di dover fare a tutti, molte volte nel corso della vita.

Per sciogliere questa decisione, una delle valutazioni da svolgere é appunto vedere se una cosa é riparabile: se non lo é, infatti, non resta altro da fare che buttarla e, dopo, o prenderne un’altra o fare senza.

Il termine cosa qui é da intendere con riferimento a qualsiasi entità, anche immateriale.

Anche una relazione rientra in considerazioni di questo genere e non é emendabile, ad esempio, quando non c’è una modalità di gestione dei conflitti da adulti e da persone autentiche e con un minimo di evoluzione condivisa in entrambi i suoi membri.

Un’automobile, più banalmente, non è utilmente riparabile quando il guasto o la vetustà sono tali da rendere o impossibile o sconveniente la riparazione.

Una delle cose oggi non più riparabile é l’Occidente o meglio la società o civiltà occidentale, perché, dal dopoguerra almeno ad oggi, é stata impostata su basi anti umane, infondendo una cultura da un lato insensata e dall’altro, per alcuni aspetti, di vera e propria morte, che ne hanno determinato il progressivo decadimento.

Questi problemi sono non emendabili perché le persone da cui è in fondo composta la società (there is no such a thing as society, come é stato giustamente detto) hanno compiuto una rivoluzione copernicana dei loro punti di vista sulla vita, sostituendo, a quelli su cui si è basata la civiltà umana per milioni di anni, punti di vista nuovi ed opposti, nei quali, senza alcuna ragione valida, crede ciecamente e istericamente, non essendo disponibile a rinunciarvi nemmeno di fronte all’evidenza.

L’aborto, che é con tutta evidenza il frutto marcio della odierna cultura di morte, é stato disegnato nelle coscienze di tutti come un «diritto» (nota che nessuna legge, né in Italia né in altri Stati del mondo, lo definisce mai tale) e, proprio in questi anni, come se tutto ciò non fosse già un abominio, verrà codificato come un vero e proprio dovere: chi farà figli verrà biasimato per aver commesso una blasfemia contro la nuova divinità pagana di Gea o dell’ambiente (tutti gli idoli esigono da sempre sacrifici umani).

É stata introdotta la più grande confusione possibile tra i sessi, tanto che oggi le donne sono elogiate se fanno cose da maschi e gli uomini devono essere più «empatici», sensibili, ascoltatori e paritari, cioè sostanzialmente più simili alle donne.

Se una donna si comporta da donna e un uomo da uomo viene, viceversa, biasimato.

Quello che é stato fatto alla società occidentale é paragonabile a quello che avverrebbe se in un’azienda arrivasse uno e spostasse le persone da un ruolo all’altro: il fattorino fa il CEO, il capo delle vendite va a fare la contabilità, quello che ripara le macchine a pulire i cessi e così via.

Se arriva qualcuno a dire «ma che razzo fate?» gli dicono che non siamo nel medioevo, che é un retrogrado e che loro nel fare questo sono superiori e lui «non capisce».

Dopo 3 mesi ovviamente quell’azienda va in fallimento perché sono state prese delle persone che avevano delle competenze per fare quello che facevano e sono state messe a fare delle cose per cui ne erano totalmente sprovviste.

Se una donna mangia fino a sfondarsi, le cantano «sei bellissima». Se arriva un uomo a dirle che ovviamente più mangia e più ingrassa (il compito degli uomini é sempre stato quello di mostrare alle donne la realtà), gli dicono che è «tossico», così la prossima volta si fa giustamente i razzi suoi e poi, dulcis in fundo, le donne naturalmente si chiedono dove sono finiti i veri uomini.

Questa è una società che non solo vive costantemente nell’errore ma é anche convinta, all’esatto opposto, di vivere nel migliore dei modi possibili e che chi dice il contrario sia solo un povero retrogrado, un disagiato.

Come la aiuti una società del genere?

Col «dialogo»?

A parte che alla maggior parte delle persone che vivono in Occidente oggi fai molto prima a metterglielo in q-lo che in testa, ormai l’Occidente é già andato, già finito, già compromesso.

Se anche una notevole parte delle persone, cosa oggettivamente impossibile per molti motivi, per assurdo si risvegliasse, ormai sarebbe troppo tardi.

L’unica speranza dell’Occidente é una grande catastrofe che spazzi via la società attuale, lasciando solo pochi sopravvissuti che
ricostruiscano la civiltà su basi logiche e biologiche, all’esatto contrario di quanto si ha adesso.

Ogni giorno mi meraviglio che Dio non ci abbia ancora strafulminato tutti per il modo indegno in cui viviamo e usiamo i doni che abbiamo ricevuto, ma credo proprio che questa franchigia che ci ha concesso per motivi che conosce solo lui non durerà forse ancora a lungo.

Non ti dico di pentirti, di convertirti o di cambiare vita, cerca di risvegliarti per quanto puoi, non farà una grande differenza per gli altri ormai, ma potrebbe farla per te stesso.

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Come si diventa counselor?

Ricevo molte richieste su come sia possibile diventa counselor e, soprattutto, su come si possa capire se, per se stessi, possa essere una buona idea.

A queste domande, soprattutto alla seconda, ci sono tante possibili risposte.

Una delle più interessanti, a mio giudizio, riguarda il rapporto che abbiamo con il dolore e la sofferenza altrui.

Sei, ad esempio, una persona che quando un amico o un familiare inizia a parlarti di un suo problema, lo interrompe, non vede l’ora che cambi discorso, si sente molto a disagio e vorrebbe, se solo fosse possibile, andarsene?

Oppure, viceversa, non hai problemi a stare accanto a persone che si trovano nella sofferenza?

I counselor sono di tanti tipi. Uno di essi è quello delle doula della morte, ad esempio: counselor che stanno accanto alle persone che stanno morendo.

Che cosa si fa di fianco ad uno che muore?

Se ti poni questa domanda, sei già un po’ fuori strada, perché in quelle situazioni non si fa niente, semplicemente si è (accanto).

Ma chi vuole stare di fianco ad un morente?

Anche questa è una domanda poco funzionale.

Una domanda che puoi farti é invece questa: quando verrà il mio momento, vorrò morire da solo o vorrei, invece, che ci fosse qualcuno accanto a me?

Lascia affondare tutte queste domande nella tua anima e cerca di ascoltare le sensazioni che provi.

Un counselor non è lì per risolvere, non deve mai dare consigli, può solo ascoltare e aiutare la persona a risolvere «da solo» le proprie situazioni, applicando il metodo della maieutica.

Il counselor capisce subito qual è il problema della persona che si trova di fronte, ma non glielo dice, perché non servirebbe a niente e perché… lo sa bene anche la persona stessa.

Anche la persona, infatti, conosce la verità, ma il punto é che non è ancora pronta per viverla.

Il counselor la aiuta ad arrivare in una situazione in cui finalmente potrà usare le tante verità che ha capito mesi o anni prima.

Un counselor non deve solo accettare la sofferenza dell’uomo ed esser capace di starle accanto così come se si trattasse di un qualsiasi altro stato emotivo.

Il counselor accetta anche la insensatezza, la contraddittorietà e le ombre, i lati negativi, degli uomini con cui entra in relazione e, più in generale, dell’uomo come realtà.

Non diventare mai counselor, invece, se vuoi continuare a pensare che tutti gli uomini siano buoni, coerenti, grati, riconoscenti, civili e così via.

Diventalo solo se ami talmente tanto l’uomo, se sei così
autenticamente curioso di conoscerlo, da accettarlo con i suoi grossi limiti, le sue manchevolezze e inadeguatezze.

Diventare counselor é un percorso evolutivo che ti porterà ad essere più forte nello spirito.

Quella maggior forza la metterai al servizio degli altri, ma anche di te stesso, perché chi illumina la strada altrui si ritrova sempre illuminata anche la propria.

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